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Tecniche di pesca a confronto 
   
    

In genere, affrontare una battuta di pesca con una ben precisa tecnica significa selezionare a priori le possibili prede catturabili. A meno di sorprese più o meno gradite, infatti, i pesci che cadranno vittime delle nostre insidie saranno tutti della medesima specie o al più apparterranno ad alcune specie ben determinate. Proviamo a ribaltare l’approccio, anziché vedere quali catture possiamo effettuare ad esempio trainando con gli artificiali in un determinato tratto di mare, pensiamo piuttosto a come possiamo prendere certi pesci e tra quali alternative dobbiamo indirizzare la nostra scelta.

In alcune circostanze, è possibile impostare una battuta di pesca alla ricerca di una determinata preda nel suo habitat naturale affidandosi però a tecniche anche molto differenti. La scelta, tra queste possibilità, avviene, di solito, tenendo conto soprattutto delle proprie preferenze e delle proprie esperienze pregresse. In fondo, è normale assecondare queste nostre inclinazioni, in piena consapevolezza, però, che non tutte le scelte condurranno agli stessi risultati in termini di pesci catturati ma che questi dipendono da molteplici fattori.
  
tanti serra
 
Proviamo allora ad individuare quegli elementi che ci potranno indirizzare verso la scelta più efficace, anche se la scelta che più spesso andremo a fare sarà ugualmente quella che priviligerà i gusti individuali di ciascuno di noi.

Lo faremo analizzando alcune situazioni tipiche, facilmente riscontrabili nella quotidianità.
  
Serra in foce
  
Molteplici sono le possibilità di pesca offerte da questo pesce. Noi però prenderemo in esame esclusivamente le tecniche più praticate da chi affronta quest’ambiente pescando dalla barca: la traina con esche naturali, la traina con esche artificiali e lo spinning.
  
Determinare con certezza a priori la preferenza dei serra nei confronti dell’esca naturale piuttosto che artificiale è forse impossibile. Coi serra lo schema valido per molti predatori che mangiano sul naturale per fame e attaccano l’artificiale per dar sfogo all’aggressività non può sempre essere applicato: tutti noi frequentatori della foce abbiamo spesso assistito agli attacchi dei serra tesi a mutilare i cefali senza per questo divorarli come ci si potrebbe invece aspettare dagli altri predatori dopo un attacco andato a buon fine.

Allora non ci resta che provare, tenendo però presente quelle indicazioni che dopo anni di pesca ci sentiamo di fornire.

Attenzione però, sono considerazioni che definirei “statistiche” e che possono essere smentite dai fatti.
  
serra grosso
 
Primo. Di giorno l’esca costituita da un pescetto vivo, in genere un cefaletto o un’aguglia, risulta più efficace del classico gronghetto morto. Di notte, invece, la situazione si riequilibria e forse si capovolge addirittura. Il motivo è forse da ricercare nella maggiore visibilità diurna della montatura del morto, in genere molto più vistosa per la presenza del piombo stabilizzatore e di un numero maggiore di ami, mentre di notte la differenza, a favore di quest’ultimo, è determinata dalla maggiore velocità consentita nella traina.
  
Secondo. Il vivo è l’esca più efficace con i serra di grosse dimensioni. E’ un puro dato statistico, non so attribuirgli una spiegazione convincente. Forse gli esemplari adulti perdono la naturale diffidenza, frutto della maggiore esperienza, solo di fronte alla possibilità di un pasto certo attaccando un pesce che nuota mostrandosi in difficoltà. Di contro, è l’artificiale l’esca più efficace per i serra piccoli, sotto i due chili di peso, forse perché questi stazionano in branchi più o meno numerosi e più spesso scatta la molla dell’aggressività come espressione della competizione con i propri simili.
  
Terzo. Ci sono giornate “da esca naturale” e altre “da esca artificiale”. Capita spesso che queste siano in alternativa l’una all’altra e solo alcune volte i serra sono altrettanto attratti da entrambe. Sulla causa non formulo ipotesi, non ho la più pallida idea di quale sia il motivo e mi limito a registrarlo.
  
Quarto. La traina con gli artificiali è la tecnica di pesca più adatta alla ricerca del pesce finchè non lo abbiamo localizzato, poiché consente di battere a tappeto e in poco tempo ampie zone di mare mentre lo spinning può portare a un più elevato ritmo di catture, se applicato dove staziona un branco di pesci individuato in precedenza per osservazione diretta di attività predatoria in superficie o anche attraverso l’uso dell’ecoscandaglio.
  
Dentici sulle secche
  
Le alternative sono molteplici, anche in questo caso. Escludiamo le tecniche di pesca a barca ferma, il light drifting ed il bolentino e anche la pesca di derivazione professionale con il palamito. Noi analizziamo e mettiamo a confronto le due tecniche più praticate con barca in movimento: la traina con il vivo e la traina con le esche artificiali.
  
Premettiamo che mentre gli artificiali ce li portiamo comodamente da casa, il vivo, in genere, ce lo dobbiamo pescare al momento e non sempre ciò si riduce ad una formalità, anzi, alle volte diventa un’autentica impresa. Va da se che questa circostanza, in funzione del periodo e anche del tempo che gli possiamo dedicare, influisce non poco sulle nostre scelte.
  
tanti dentici
 
Iniziamo col dire che non sempre entrambe le tecniche possono essere adottate. La maggiore velocità di traina imposta dall’uso degli artificiali, infatti, ne limita l’uso in termini di profondità raggiungibile. Dunque, a meno di non ricorrere a centinaia di metri di monel da imbobinare magari su un mulinello elettrico, la nostra scelta non può che ricadere sul vivo, se ravvisiamo la necessità di cercare i dentici in zone profonde.
  
La stessa maggior velocità di traina con le esche artificiali, però, diventa un vantaggio per una pesca di ricerca su fondali bassi o di media profondità. Specialmente su fondali costituiti da praterie di posidonia, grotto o ciottolato, senza grossi sbalzi di profondità, con i pesci che possono pascolare sparsi un po’ ovunque, la possibilità di sondare ampie zone di fondale può essere il fattore determinante  per il successo della nostra pescata.
  
Di contro, per una pesca mirata su scogli isolati, relitti, canaloni e cigli di roccia, la pesca col vivo è senz’altro da preferire. E’ l’unica, infatti, che ci consente di mantenere quello stretto contatto col fondo che spesso diventa determinante con i dentici.
  
Un’altra considerazione da fare è che in genere gli artificiali sono più efficaci con pesci di piccole e medie dimensioni ed è in genere col vivo che si possono catturare i dentici più grossi.
  
Ancora, nel periodo di riproduzione, in genere a primavera, i dentici si raggruppano (montone) e si alimentano poco ma la loro aggressività aumenta. Forse si tratta di difesa territoriale, fatto sta che spesso, in queste condizioni, sono propensi ad aggredire gli artificiali.
  
Infine, teniamo presente che soltanto pescando col vivo avremo la possibilità di catturare anche le ricciole che spesso frequentano le stesse zone di caccia dei dentici. E’ una possibilità da non trascurare, visto che stiamo parlando della regina delle secche.
  
dentice grosso
 
Un capitolo a parte è quello del vertical jigging. E’ una pesca che si effettua a barca ferma, in deriva, ma per la quale la ricerca del pesce e dei posti attraverso l’ecoscandaglio riveste una funzione determinante per il successo. Va da se che la buona conoscenza dei fondali può essere davvero il fattore decisivo nella scelta, ancora di più di quanto accade per la traina col vivo rispetto a quella con gli artificiali.
  
E’ importante, comunque, sapere che nel caso si effettui tale scelta, a meno di non avere la mappa completa e aggiornata dei branchi di dentici nella zona, dovremo passare buona parte della giornata con gli occhi incollati sul monitor dell’ecoscandaglio per cercare di interpretare correttamente tutti i segnali da questo trasmessi.
  
Palamite, Lampughe, Lanzardi, Sugarelli, Tombarelli e Alletterati
  
Altra tipica situazione abbastanza frequente dalle nostre parti che può essere affrontata con tecniche differenti. Mettiamone a confronto due: la traina con le esche artificiali e lo spinning-jigging.
  
Se parliamo di spinning puro, affrontare il mare aperto con questa tecnica può apparire velleitario. Eppure in certe circostanze può essere vantaggioso. Mi riferisco in particolare alle situazioni in cui il pesce è concentrato in un punto ed è in superficie. Tale situazione è riscontrabile intorno agli oggetti galleggianti ed in caso di mangianza. Vediamo di approfondire l’analisi per essere pronti a sfruttare queste due situazioni.
  
Che gli oggetti galleggianti, siano esse boe di segnalazione o di rilevazione del moto ondoso, relitti galleggianti alla deriva o cannizzi calati in mare da pescatori professionisti o dilettanti, costituiscano un richiamo per alcune specie di pesci pelagici è cosa nota. Sotto a questi oggetti e nelle loro immediate vicinanze potremo trovare lampughe e pesci pilota, piccole cernie di profondità (cernie ombra) e tonnetti, palamite e ricciolette. Qui un avvicinamento accorto fino alla distanza utile di lancio ci metterà nelle condizioni ideale per insidiarli a spinning. La possibilità di ripetere i lanci senza il disturbo del motore fa preferire questa tecnica alla traina di superficie proprio perché ci consentirà molteplici catture prima di mettere in allarme l’intero branco.
  
Quando i pesci affonderanno noi potremo passare al vertical jigging, sfruttando la pesantezza degli artificiali per insidiare i pesci alla quota alla quale stazionano.
  
alletterati
  
Anche in caso di mangianze conclamate, con tanto di uccelli marini e pesci che schiumano in superficie, lo spinning può essere preferibile alla traina di superficie con gli artificiali. Ancora una volta, importante sarà un avvicinamento cauto, in modo da non spaventare i predatori e causare un immediato inabissamento del branco che vanificherebbe i nostri successivi tentativi. Se l’azione sarà condotta in modo efficace, avremo i pesci a portata di lancio e quindi la possibilità di molteplici catture, ad un ritmo decisamente superiore a quello consentito dalla traina e senza correre il rischio di spaventare il branco. Anzi, spesso capiterà che il branco di mangianza, sia esso costituito da sardine, alici o costardelle, si porti proprio sotto la nostra barca a cercare protezione dai gabbiani e dai cormorani che attaccano dal cielo e parzialmente anche dai pesci predatori che saranno un pò intimiditi dalla sagoma scura galleggiante della barca. E’ una situazione, questa, che potremo sfruttare a nostro favore con una certa facilità.
  
Anche in questo caso, a mangianza finita, potremo ricorrere al vertical jigging per insidiare ancora i pesci se questi non si saranno affondati troppo.
  
Non sempre però si verificano le circostanze sopra descritte. In caso di pesci sparsi o di brevi mangianze che si accendono e si spengono nel volgere di pochi minuti con branchi di pesci in continuo e rapido movimento, la traina è l’unica nostra scelta possibile. In attesa che magari scoppi una bella mangianza, da sfruttare a barca ferma, non ci resta che girare con le traine in acqua e spesso è proprio il richiamo della nostra scia a portare i pesci sulle nostre esche.
  
Tutto questo se i pesci stazionano nei pressi della superficie. Ma se sono affondati, che fare? Il ricorso a mezzi d’affondamento delle lenze trainate, ci consentirà di insidiare i pesci fino 15-25 metri di profondità, difficilmente più a fondo. Più giù, a barca ferma, potremo far scendere i nostri artificiali ricorrendo ai jig, mare e corrente permettendo.