Vertical jigging
INTRODUZIONE
Quando pochi anni fa questa tecnica venne importata dal Giappone per essere applicata nel Mar Mediterraneo, dopo lo scetticismo iniziale, a fronte degli straordinari successi ottenuti da chi l’aveva sperimentata, ebbe una immediata diffusione, tanto da affiancare e perfino soppiantare tecniche di pesca ormai consolidate da decenni.
Il limite della pesca con gli artificiali in mare è sempre stata la profondità. Nello spinning la fascia d’acqua di pesca è quella superficiale. L'affondamento degli artificiali in fase di recupero è nell'ordine dei decimetri, di pochi metri nella migliore delle ipotesi. Nella traina, pur ricorrendo a svariate tecniche di affondamento, si pesca anche a buone profondità ma oltre a certi limiti non si va. Con l'affondatore e con il monel si scende di poche decina di metri ma oltre a causa dell'attrito esercitato nell'acqua non si va. Solo con il vertical jigging si riesce a superare questi limiti e a portare i nostri artificiali ad insidiare i predatori anche a svariate decine di metri di profondità.
Il successo di questa tecnica è comunque legato anche ad altri fattori. Innanzitutto il fatto di vivere, con la canna in mano, l’emozione dell’attacco del pesce. E si tratta di prede di prestigio, di grande soddisfazione anche per gli angler più navigati. Poi è una pesca attiva, fatta di ricerca, di continui spostamenti, di tentativi ripetuti con artificiali diversi, una tecnica nella quale è proprio il pescatore l’assoluto protagonista. Infine, c'è il gusto della novità, dell'applicazione di una tecnica completamente differente da tutte le altre, di un'esperienza che arricchisce il bagaglio di esperienza di un pescatore che vuole definirsi completo.
Al fine di affrontare in modo esaustivo una tecnica di pesca che presenta molte sfaccettature per adattarsi alle più disparate situazioni di fondali e di pesci, abbiamo organizzato l’articolo in quattro sezioni differenti.
Inizialmente parleremo della pesca ai grandi predatori del fondo, la ricciola, il dentice, il praio, la cernia. Una pesca di grandi emozioni, effettuata con attrezzatura pesante e a profondità importanti. Noi l’abbiamo chiamata HEAVY JIGGING.
La stessa pesca, effettuata però generalmente in meno acqua o senza arrivare sul fondo, con attrezzatura più leggera, per pesci come le palamite, le lampughe, tutto il pesce azzurro, la trattiamo nella sezione dedicata al LIGHT JIGGING.
Trattiamo poi l’uso di particolari artificiali, anch’essi di origine nipponica, che richiedono azioni di pesca specifiche e differenti da quelle utilizzate con i jig. Si tratta degli INCHIKU & KABURA.
Infine, parleremo dell’utilizzo di esche miste, che all’artificiale abbinano anche un’esca naturale. Una viene dal lontano oriente, l’altra altro non è che la rivisitazione di una pesca tradizionale, da sempre praticata anche nei nostri mari. Si tratta di TENYA & LIVE KAB.
HEAVY JIGGING
E’ questo il vero Vertical Jigging, quello praticato, in Mediterraneo, alla ricerca dei grandi predatori che pascolano e cacciano sui fondali più impegnativi.
L’attrezzatura deve essere adeguata alla necessità di pescare con esche artificiali il cui peso oscilla dai 100 ai 300 grammi, su fondali che generalmente non sono inferiori ai 30 metri e che possono avvicinare e oltrepassare anche i 100 metri, con prede combattive e di mole notevole, spesso pronte a sfruttare la vicinanza delle rocce.
Iniziamo dalla canna. Questa sarà corta e con il manico lungo, specificatamente studiata per l’uso con questa tecnica, adatta ad essere utilizzata sia in crociera con una azione di long jerking (ampio pompaggio con la canna e recupero successivo della lenza con il mulinello, in genere due o tre giri di manovella), sia posizionata sotto l’ascella, con una azione di short jerking (rapidi recuperi molto corti alternando l’azione della canna con un giro di manovella del mulinello). E’ di assoluta importanza che la canna abbia la sensibilità per mantenere il controllo con l’esca artificiale ma anche la potenza necessaria per forzare pesci di mole considerevole.
Sottolineo la opportunità di utilizzare una canna specifica, progettata e realizzata soltanto per il vertical jigging. Una canna inadatta, magari riciclata dalla traina piuttosto che dal bolentino o dal drifting o dallo spinning, renderebbe la nostra azione estremamente faticosa e del tutto inefficace.
Inoltre, non esiste una canna in grado di gestire al meglio sia gli artificiali da 80-100 grammi che quelli da 250-300. Mettete perciò in conto di doverne prendere almeno due di potenza differente.
Il mulinello deve avere un recupero veloce, una bobina di buona capacità, una frizione dall'elevato max drag e rare doti di robustezza. I mulinelli che hanno queste caratteristiche sono tutti di qualità eccelsa e di conseguenza hanno un costo decisamente elevato. Magari, per iniziare, si potrà cercare di risparmiare un pò, comunque sconsigliamo di scendere troppo di qualità. Come misura sarà almeno un 8000 od un 10000.
In bobina caricheremo dell’ottimo trecciato da 50 o perfino da 65 libbre. Poi un 7-8 metri di nylon di pari libbraggio come shock leader. Si può usare anche il fluorocarbon, più rigido ma anche meno visibile in acqua e più resistente alle abrasioni. Per realizzare la connessione esistono nodi specifici per congiungere fili di diametro diverso tra loro. Scegliete tra questi uno di cui vi fidate. L’importante è che l’esecuzione sia perfetta.
Alla fine dello shock leader legheremo un solid ring di grande tenuta al quale fisseremo con una semplice bocca di lupo uno o due assist hook (video costruzione) ed il jig scelto, tramite un robusto split ring (per aprirlo sono indispensabili le apposite pinze). Naturalmente, ci sono anche altri modi per approntare il terminale, ad esempio sostituendo il solid ring con una girella di misura adeguata e di grande qualità.
Veniamo all’azione di pesca. Quella del Vertical Jigging è soprattutto una tecnica di ricerca, dei posti dove metterla in atto, dei pesci da insidiare. In questo un ruolo fondamentale lo rivestono l’ecoscandaglio e la nostra capacità di leggere i segnali da questo inviato. La conoscenza approfondita dei fondali, acquisita nel tempo con le lunghe giornate di ricerca, sarà la base sulla quale costruire il successo delle nostre uscite di pesca.
Bene, siamo sul posto, è ora di iniziare a pescare. La scelta dell’artificiale è il primo bivio. Short o long? Che peso? E quali colori?
Al di là delle preferenze personali, che poi saranno quelle decisive nella scelta, teniamo innanzitutto in conto la profondità e lo scarroccio della barca. Si chiama Vertical jogging, l’esca deve arrivare velocemente a fondo per lavorare, appunto, in verticale. Quindi, peso che aumenta con la profondità e con la velocità di scarroccio.
Secondo la mia personalissima esperienza, short jig più efficaci con i dentici, long jig con le ricciole. I recuperi sono una conseguenza dell'esca.
Colori, uno su tutti, ma è preferenza assolutamente soggettiva, il rosa. Nella mia personalissima classifica è seguito dall'azzurro.
E finalmente siamo in pesca. Si alza l'archetto ed il jig parte con traiettoria assolutamente non rettilinea verso il fondo. Piuttosto rari ma certo non impossibili gli attacchi in fase di caduta. Il primo momento decisivo è il “rimbalzo”. Non appena il jig tocca il fondo si inizia il recupero con una prima jerkata e spesso questa azione induce all’attacco un predatore attirato da questo strano oggetto calato dalla superficie.
Poi inizia il recupero. Io preferisco in long jerk con long jig e short jerk con short jig. Comunque pratico un recupero molto irregolare, con accelerazioni e brevi “stop and go” come nello spinning. Non serve tornare necessariamente in superficie, può essere conveniente battere soprattutto gli strati d’acqua più prossimi al fondo.
Un occhio è fisso sullo schermo dell’eco, per cogliere i movimenti dei pesci che seguono l’artificiale, magari senza decidersi ad attaccarlo, sia in fase di caduta che in fase di risalita. Succede più spesso di quanto si possa immaginare.
Sulla botta dell’attacco si reagisce con una ferrata decisa, magari ripetuta per sicurezza. Per evitare guai conviene forzare il pesce nei primi momenti per staccarlo dal fondo. Se ci si riesce si può poi gestire la situazione con maggiore calma, altrimenti con cernie, dentici e ricciole il rischio di perdita del pesce è abbastanza elevato.
A qualcuno è capitato di ferrare un tonno. Se vi dovesse capitare pregate perchè sia piccolo...
LIGHT JIGGING
Capita spesso, andando per mare anche entro poche miglia dalla costa, di imbattersi nelle mangianze di pesce azzurro. Un’alternativa alla traina, in questi casi, è senz’altro lo spinning ma non sempre i pesci restano a tiro dei nostri lanci, alle volte, spaventati dal rumore, si approfondiscono sottraendosi così alle nostre esche.
In questi casi, disporre di jig piccoli ma comunque in grado di affondare decine di metri vuol dire riportatre a tiro i pesci.
Per gestire, senza lanciare, artificiali dai 7 ai 60 grammi, non è così necessario utilizzare una canna specifica da vertical jigging. Per ridurre le spese e anche il numero di canne da portare in barca, personalmente ho optato per una canna da spinning che utilizzo per lanciare i più leggeri sulle mangianze in superficie o per recuperare a fondo i jiggetti un poco più pesanti, a seconda delle situazioni. Certo, il manico un po’ più lungo sarebbe un buon aiuto, però una canna da 5/8 o al massimo da 1 oncia, magari ad azione MH, riesce a far lavorare al meglio questi piccoli artificiali.
I mulinelli da abbinare sono quelli da spinning, nella misura 4000, armati con trecciato da 20 libbre e fino a 30 libbre nel caso siano frequenti le gradite sorprese con pesci un pò più grandicelli. Shock leader corto, anche un metro, di nylon di pari libbraggio. Ricordiamoci che le nostre prede non saranno esclusivamente le stelle, i sugarelli ed i lanzardi ma anche, speriamo, le palamite, le lampughe, i tombarelli, gli alletterati…
I piccoli jig sono armati con ancoretta in coda. Si consiglia di sostituire split ring e ancorette in dotazione, di solito non sono affidabili.
Anche quando le mangianza non ci sono, potremo ugualmente utilizzare i nostri jig, calandoli sulla verticale dei branchi dei pescetti foraggio che con un pò di fortuna e di pazienza avremo individuato con l’ecoscandaglio. Lì intorno ci potrebbero essere i predatori.
Oppure in quelle zone che riterremo morfologicamente più interessanti, alla ricerca di pesci isolati o abbrancati come le tanute, le tracine, i fragolini…
L’azione di pesca ad ogni modo è simile. Si cala fino sul fondo l'esca che a frizione libera sfarfallerà più o meno velocemente (dipende dalla forma oltre che dal peso), quindi si recupera animando l’artificiale facendogli sondare le varie fasce d’acqua.
A meno di sorprese, sempre possibili, completare il recupero del pesce non sarà un problema. Solo i sugarelli si sottrarranno spesso alla cattura per via della rottura della particolare bocca a tubo di cui la natura li ha dotati con conseguente slamatura.
Forse da questa pesca non raccoglieremo le soddisfazioni possibili con l’heavy jigging ma nelle situazioni favorevoli le catture avverranno ad un ritmo frenetico e ci garantiranno momenti di autentico divertimento.
INCHIKU & KABURA
Questa è una tecnica molto meno frenetica dell’heavy jigging ma ugualmente in grado di scatenare l’aggressività dei predatori e dunque regalarci splendide emozioni.
L’azione di pesca, meno esasperata, ci consente un approccio a questa tecnica anche con una attrezzatura non specifica. La canna, in particolare, può essere sostituita da una canna da spinning da 1 o 2 once ad azione Heavy, in grado di imprimere il necessario movimento all’inchiku e condurre in scioltezza il recupero del pesce. Come alternativa, potremo usare anche una canna da Vertical Jigging di bassa grammatura.
Come mulinello consiglio un buon 8000, imbobinato col trecciato da 30 libbre e shock leader in nylon di pari libbraggio. Anche in questo caso, per unire fili di diversi spessori, raccomandiamo l'uso di un nodo specifico per queste situazioni da eseguire con la massima attenzione.
Quasi tutti gli inchiku ed i kabura in commercio sono armati con ami inadeguati a prede di mole quali prai, dentici e cernie. Meglio sostituirli con ami sempre piccoli ma molto più robusti, montati sull'appositiìo sagolino da assist hook.
Di inchiku ve ne sono tantissimi in commercio, di peso, forma e colori diversi. Pur senza farci prendere dalla sindrome del collezionista sarà necessario disporne di un certo numero per affrontare tutte le situazioni.
Tra i colori del gonnellino in gomma la mia preferenza va al rosa pallido ma è chiaramente una scelta del tutto personale.
Un piccolo trucco del mestiere consiste nell’innescare, su uno od entrambi gli ami, una strisciolina di calamaro o di seppia. Specialmente con i pesci piccoli, fragolini, tanute, scorfani, tracine, può essere un richiamo utile.
Anche questa è una pesca di ricerca. Le zone da ricercare sono quelle rocciose ma anche dalla sabbia mista con roccia possono uscire bei pesci. Tra le prede più comuni, oltre ai già citati dentici ed alle cernie, ci sono i prai, i san pietro, le tanute, i fragolini, gli scorfani e le tracine. Predatori ma anche grufolatori, come vedete, questi ultimi vittime predestinate soprattutto dei kabura trascinati sul fondo ad alzare sabbia.
Gli inchiku, invece, vanno fatti lavorare nei pressi del fondo, animandoli lentamente, con recuperi morbidi, senza strappi. Anche la pausa con appoggio sul fondo può essere azione di richiamo dei pesci nei paraggi.
Per pescare correttamente è necessario che lo scarroccio faccia inclinare la lenza in modo che l'angolo di incidenza con la superficie dell'acqua sia intorno ai 45 gradi. Pescare troppo in verticale non è efficace, nel caso si deve correggere l'assetto alleggerendo l’esca montata. Al contrario, se per trovare il fondo dobbiamo far uscire troppa lenza, si deve utilizzare un’esca di maggior peso. Inoltre, si può intervenire sulla velocità di scarroccio rallentando la barca con un’ancora galleggiante, accessorio utilissimo e non solo in questa pesca.
La mangiata può essere violenta come molto delicata, anche da parte dei grandi predatori. A questa si deve reagire con una decisa ferrata ed un recupero controllato ma deciso, sfruttando al meglio l’attrezzatura abbastanza pesante. Con pesci di mole i primi momenti sono spesso quelli decisivi, specie se stiamo pescando su fondali di roccia alta. In questi casi non ci sono alternative, bisogna forzare il recupero fino a staccare il pesce dal fondo.
Anche con gli inchiku c'è chi ha inaspettatamente ferrato (e naturalmente ha perso) tonni di mole considerevole. Per chi si volesse cimentare, una rivisitazione di tutta l'attrezzatura è assolutamente indispensabile.
Capita abbastanza di frequente di catturare i polpi. In questo caso sentirete soltanto un appesantimento, senza nessuna difesa attiva da parte della preda. Il polpo potrebbe non essere ferrato dall’amo, meglio terminare l’azione di recupero con un guadino.
TENYA & LIVE KAB
Una testina piombata montata con un grosso amo su cui innescare un gambero oppure un pezzo di calamaro o di seppia ed un assist hook, molto più piccolo, da lasciare libero od appena appuntato all'esca naturale. Questo è in sintesi il Tenya, un'esca ibridain grado di catturare soprattuto i grufolaltori, fragolini in primis.
Non mi stupirei certo se in Giappone avessero inventato canne specifiche per questa tecnica. Tuttavia, sono personalmente convinto che con la stessa attrezzatura con cui ci si arrangia a light jigging si possa egregiamente pescare anche a Tenya.
Le stesse considerazioni valgono anche per i mulinelli e per il resto della accessoristica di contorno.
Per il resto non c'è molto da aggiungere. La pesca consiste nell'effettuare lunghe passate su fondali sabbiosi o fangosi, al più con qualche roccia sparsa, alla ricerca delle prede. Nel suo svolgimento ricorda un pò il bolentino effettuato con la barca a scarroccio, non solo come fondali ma anche come prede insidiate.
Con il Live Kab si compie un'ulteriore passo avanti verso la pesca con le esche naturali. Qui la funzione di richiamo è tutta demandata ad un polpetto, una seppia, un calamaro, che cela al suo interno un piombo ed una coppia di ami.
La tecnica è una rivisitazione di una pesca antica, praticata soprattutto dai professionisti del nostro meridione che con una grossa lenza a mano insidiavano soprattutto le cerni.
Nella versione "sportiva" si prevede l'uso di una canna molto robusta ma ugualmente flessibile per imprimere il movimento all'esca che dovrà "nuotare" nei pressi del fondo trascinata dal nostro movimento a scarroccio. In questo ricorda la tecnica del "morto manovrato" in uso in acqua dolce con i lucci, i lucioperca ed altri grandi predatori di quegli ambienti. Tornando al Live Kab, si possono usare sia le canne da vertical jigging che quelle che noi abbiamo indicato come utilizzabili nella pesca con gli inchiku.
Le stesse considerazioni valgono anche per i mulinelli, la lenza, le girelle, gli assist hook. Ricordiamoci che al primo posto tra le possibili nostre prede ci sono le cernie, seguite dai dentici e da ttutti gli altri grandi predatori mediterranei, ricciole comprese.
I piombi, già montati con gli assist hook, si trovano in commercio di diversa forma e pesantezza. In alternativa è possibile realizzare per proprio conto i terminali, partendo da piombi sferici forati, dai 100 ai 250 grammi di peso.
Con le esche più grandi è possibile aggiungere anche un terzo od un quarto amo, da celare sempre tra i tentacoli del nostro cefalopode. Qualcuno usa montare anche un assist hook a monte dell'esca, lasciato libero di muoversi nei pressi della testa del cefalopode.
Per effettuare al meglio l'innesco, ci può essere di grande aiuto un apposito ago in modo da far passare attraverso la testa del cefalopode il filo del terminale che poi, dopo esser stato infilato attraverso il piombo viene collegato agli ami montati su un solid ring.
L'azione di pesca è simile a quella effettuata con gli inchiku. Si alternano momenti di "nuoto" a qualche metro dal fondo con brevi pause durante le quali l'esca si appoggia al fondale roccioso e resta ferma. Gli attacchi possono avvenire anche durante questa fase statica e saranno allora generalmente molto più delicati.
Se il pesce non rimane subito ferrato è probabile che ripeta un secondo attacco concedendoci un'altra opportunità. Proprio come quando si traina col vivo.
Purtroppo l'azione di pesca può essere disturbata dai branchi di piccoli pesci, come perchie, fragolini e soprattutto tanute, che in breve tempo mutileranno le esche mangiandone i tentacoli fino a dilaniarle completamente rendendole inservibili, senza mai restare allamati per via dell'apparato boccale troppo piccolo per gli ami usati. In questi casi, più che cercare la cattura di questi piccoli pesci è conveniente spostarsi in un'altra zona alla ricerca di un predatore serio, di quelli che ti possono regalare momenti di grande emozione.